Castello Sforzini

di Castellar Ponzano

I giovani lottatori, custodi della nostra civiltà

Diceva Kierkegaard che la lotta tra bene e male è così violenta che non fare il bene è già fare il male. Parafrasando il grande filosofo e teologo danese dirò che la contrapposizione tra forza e debolezza è così profonda che non educare alla forza è già educare alla debolezza.

Parlo di educazione perché ritengo che sia inutile cercare di sviluppare nei ragazzi il senso etico – e voglio sperare che tutti convengano sul fatto che sia questo il principale scopo di qualunque sistema educativo – senza sviluppare in loro la forza per affermarlo, per portarlo avanti nella vita.

E parlo di educazione alla debolezza perché io proprio non vedo nelle nostre scuole, di qualunque ordine e grado, l’educazione alla suddetta forza, che forse sarebbe bene qui, al fine di evidenziarne il carattere virtuoso, chiamare Fortezza, la virtù morale che assicura anche nelle difficoltà fermezza e costanza nel perseguimento del bene.

Malgrado sia opinione universalmente condivisa che siano le difficoltà e le prove a forgiare il carattere, di fatto proponiamo ai nostri ragazzi autori e filosofie che inducono alla continua autoanalisi, sfociante spesso in un ininterrotto e interminabile lamento, e addirittura al credere che il pensiero, la nostra principale risorsa, la nostra principale arma nella lotta della e per la vita – lotta insopprimibile, a meno che non si intenda sovvertire le leggi naturali e follemente additare questa demoniaca sovversione come bene – una iattura e l’intelligenza stessa una insanabile disgrazia.

Il binomio romantico grandezza follia – o meno nobilmente, meno letterariamente – incapacità di azione e fallimento esistenziale, è nella sostanza il modello culturale che noi andiamo scelleratamente trasmettendo ai nostri ragazzi.

Chi è il mito dei liceali? Il poeta romantico. E, fuori dalla scuola? Il rocker maledetto, che se poi vai a vedere tanto maledetto non è, assomigliando assai più ad una vile e astutissima replica del primo, così astuta da aver trovato il modo di convincere i nostri giovani a seguirlo come un pifferaio magico, ma fino alle soglie della sua dimora dorata: quella è solo sua. Lì la condivisione finisce.

Masini, l’autentico e forte Masini, il combattente Masini, guardacaso fatto oggetto di una campagna di discredito indistinguibile da una stregoneria, lo aveva detto benissimo con la canzone “Vaffanculo”:

Chi lo sa che cosa è vero in un mondo di bugiardi

Non si può cantare il nero della rabbia coi miliardi

Siamo tutti conformisti travestiti da ribelli

Siamo lupi da interviste e i ragazzi sono agnelli

Che ti scrivono il dolore nelle lettere innocenti

E la loro religione è di credere ai cantanti

Ma li trovi una mattina con la foto sul giornale

In quell’ultima vetrina con la voglia di gridare al mondo:

Vaffanculo, vaffanculo

Vaffanculo, vaffanculo

Dunque sono andato a cercare la Fortezza nell’autenticità, esattamente laddove Pasolini andava cercando la tradizione.

E sapete dove l’ho trovata questa autenticità, questa conformità alla natura? Questa determinazione nel migliorarsi per via di fatica e sudarsi i traguardi? Questa capacità di essere umili e di mettersi ininterrottamente alla prova? Sapete dove ho trovato la fratellanza vera ed il vero rispetto? Nelle palestre degli sport da combattimento e di arti marziali, laddove queste abbiano conservato coscienza della loro essenza combattiva.

Lì, tra i giovani pugili e lottatori, di tutte le discipline, sui ring, sui tatami ed anche per strada e nei boschi, davvero, in ogni luogo, ho visto una gioventù custode di quei valori morali che abbiamo perso financo l’idea di trasmettere a scuola ma dal cui riuscito o meno recupero dipenderà la sopravvivenza o meno della nostra civiltà.

È come se i ragazzi più vivi, i più audaci, o semplicemente i meno fortunati – apparentemente e solo apparentemente, vale ribadirlo – quelli cui la vita ha precluso agi e trastulli da giovin signore, si fossero dati convegno nei più reconditi angoli di mondo per esercitarsi a lottare non per il gusto di sopraffare un nemico ma con la consapevolezza di fare di quel tenace addestramento la vera scuola alla fortezza di cui la nostra società ha bisogno più che di ogni altra cosa.

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