Castello Sforzini

di Castellar Ponzano

Basta capri espiatori: il calcio italiano ha bisogno di autocritica

Alla luce delle recenti prestazioni della nostra Nazionale maggiore, rivelatesi poco soddisfacenti, che hanno oltretutto portato a dei risultati tutt’altro che entusiasmanti, credo occorra fare qualche riflessione.
Meglio ragionare a mente fredda, senza il pathos della gara, per soppesare con equilibrio gli aspetti positivi e negativi del nostro calcio, con spirito costruttivo e nella speranza di un cambiamento.
Al di là dei risultati delle due partite disputate contro la Germania, avversario senz’altro di ottimo livello, a mio modesto parere, sono emerse alcune lacune complessive, che lasciano emergere una povertà che poco ha a che vedere con i fasti passati.
Prima di entrare nello specifico, credo occorra una precisazione che ritengo importante.
Siamo usciti dalle qualificazioni ai mondiali per mano della Svezia e tutti si sono schierati contro l’allora C.T. Giampiero Ventura. Quattro anni dopo, siamo stati nuovamente esclusi dalla fase finale dei mondiali e, questa volta, la colpa era di chi aveva sbagliato i calci di rigore.
Ora siamo ancora lì a stentare e l’obiettivo della critica è di nuovo il C.T.: Luciano Spalletti.
Mai una volta che si cerchi di entrare nel merito dei problemi.
Mai che si provi a fare una valutazione più ampia, per cercare di capire se il nostro sistema stia andando nella direzione giusta ed, eventualmente, come correggere il tiro.
Ce la caviamo sempre con il vezzo di addossare tutte le responsabilità alla sfortuna, oppure, molto frequentemente all’allenatore.
Questo non significa che possano esserci state scelte sbagliate o errori di valutazione: errare è umano, per carità! Tuttavia, sarebbe troppo semplicistico cavarsela dando tutte le colpe a un unico capro espiatorio.
E’ proprio di fronte a simili comportamenti, che, nel lontano 1966, dopo la clamorosa eliminazione della nostra Nazionale dai mondiali inglesi, che alcuni uomini di buona volontà, ritennero opportuno dare vita all’Associazione Italiana Allenatori di Calcio. Proprio come reazione di fronte alla furia della critica che volle scaricare tutte le responsabilità del fallimento all’allora Commissario Tecnico Edmondo Fabbri.
Nonostante i tanti passi avanti e i tanti riconoscimenti ottenuti dall’Assoallenatori, nella tutela della figura dei tecnici, dobbiamo rilevare che, purtroppo, le cose non sono molto migliorate nella gestione delle criticità da parte dell’opinione pubblica.
Secondo la mia modesta opinione, le cause del momento di sofferenza del nostro calcio partono da lontano e andrebbero analizzate con serenità e spirito costruttivo.
Certamente, tutte le componenti del sistema calcio, dovrebbero farsi un esame di coscienza e valutare come meglio intervenire nei rispettivi ambiti di competenza.
Iniziamo dal mondo che reputo di conoscere meglio: quello degli allenatori. E’ fuori discussione che dovremmo migliorare molto: ci sono molti tecnici preparati e professionali, ma ci sono ancora tanti colleghi che sbagliano approccio, soprattutto nei settori giovanili. Si pensa troppo al risultato e poco alla crescita del singolo.
Sebbene i tecnici possano – e debbano – migliorare, anche da parte di chi indice i corsi di formazione, ovvero il Settore Tecnico FIGC, sarebbe auspicabile una maggiore apertura e flessibilità di fronte a determinate necessità riscontrate sul territorio.
Inoltre anche da parte della FIGC ci vorrebbe una profonda riflessione, sia in merito all’organizzazione dei campionati, che di fronte all’indiscriminata presenza di giocatori stranieri. Ben vengano, se sono più bravi degli italiani, ma proviamo a pensare un modo per consentire anche ai nostri giovani di trovare spazio per poter crescere.
Non dimentichiamo il ruolo importante delle Società: spesso, specialmente nel mondo dei dilettanti, le società di calcio rivestono un importantissimo ruolo sociale, ma occorre investire anche nella formazione dei dirigenti, perché i tempi cambiano e bisogna essere pronti di fronte alle nuove sfide. La buona volontà è importante, ma, da sola, non basta più.
Inoltre, anche gli organi di comunicazione, a mio giudizio, dovrebbero assumere una maggiore consapevolezza del loro ruolo. Bisognerebbe dare importanza anche al bello del nostro calcio: un momento di fair play, un bel gesto tecnico, facendosi portatori dei sani valori dello sport.
Infine, credo valga la pensa di spendere un pensiero sulla componente genitori, soprattutto per quanto concerne il mondo dei settori giovanili. Ritengo che i genitori siano una componente molto importante del sistema calcio e che vadano visti come dei partner preziosi delle società. Tuttavia, occorre un approccio meno assillante nei riguardi dei giovani calciatori e contribuire a formare un ambiente sano senza più trascendere in comportamenti ben oltre le righe, come talvolta ci capita di riscontrare.
Al termine di questa riflessione, reputo che, se il sistema calcio saprà ascoltare i segnali negativi degli ultimi anni, e vorrà fare quadrato, trovando la forza per correggere quanto sinora non è andato per il verso giusto, sono convinto che ci aspettino tante soddisfazioni.
Viceversa, se non ci dovesse essere una necessaria presa di coscienza delle problematiche, continueremo a galleggiare tra una delusione e l’altra, accontentandoci di qualche risultato positivo alternato a cocenti delusioni, illudendoci di essere ancora tra i migliori salvo poi attribuire la colpa delle sconfitte al solito capro espiatorio.

Diego Fabbri

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