Castello Sforzini

di Castellar Ponzano

Il quotidiano di cui Pavia avrebbe bisogno

Nel torpore di un territorio costantemente sospeso tra sonnolenza e indolenza, stupisce favorevolmente constatare come tra i pochi temi di discussione oggi capaci di accendere una timida scintilla di dibattito sui social ma anche nella vita reale – al bar come nei palazzi delle istituzioni e tra gli opinion maker -, vi sia il futuro del quotidiano di Pavia e provincia che, come risaputo, tra pochi mesi cambierà proprietà. Ed è davvero positivo che se ne parli per il ruolo e per il valore che la Provincia Pavese, storica testata fondata nel 1870 passata attraverso le decennali gestioni della famiglia Boerchio prima e de l’Espresso e Gedi poi, ha sempre svolto e ancora dovrà svolgere per questa vasta e complessa area a sud della Lombardia che da decenni sembra smarrita e senza obiettivi, sempre più disgregata al suo interno dai confini culturali più ancora che territoriali che hanno sempre portato il capoluogo con il pavese, l’Oltrepò e la Lomellina a considerarsi come tre realtà a sé stanti.

Al netto degli inevitabili timori sindacali sulle conseguenze occupazionali per l’azienda, i dubbi sul futuro della Provincia che rimbalzano online e di bocca in bocca sono più o meno sempre gli stessi: con la nuova proprietà cambierà la linea editoriale (considerata oggi “indipendente” dagli ambienti socioculturali di sinistra ma, appunto, “di sinistra” per chi si riconosce nei valori del centrodestra)? E il “Bugiardino“, come ironicamente viene chiamato il quotidiano provinciale riuscirà ad essere un po’ più accurato nel raccontare senza errori i fatti che avvengono in ogni parte del vasto territorio da coprire?

Sono domande sicuramente lecite e interessanti ma forse, tutto sommato, anche non imprescindibili. Mi spiego, anche se è scorretto ammetterlo: nel sistema editoriale italiano, caratterizzato da pochissimi editori puri, quasi ogni testata dipende da una proprietà con il proprio conflitto di interessi e inoltre ogni giornalista ha, in fondo, i suoi pregiudizi e i suoi condizionamenti culturali, politici o semplicemente di marketing con cui scendere a patti; mentre per l’epiteto di bugiardino, anche da altre parti c’è l’abitudine di apostrofare così il giornale locale, cui più o meno inconsciamente il lettore tende a non perdonare gli errori che per la complessità dell’attività giornalistica sono costantemente dietro l’angolo.

Forse allora la domanda più importante che tutti dovremmo porci, noi lettori e il nuovo editore, è un’altra: quale ruolo vuole avere l’unico quotidiano della Provincia di Pavia nel territorio che ha il compito di raccontare?

Lo chiedo prima di tutto a me stesso e, sia chiaro, con il massimo rispetto per i colleghi che vi lavorano: per fare un giornale locale basta raccogliere giorno per giorno tutti gli incidenti stradali o i provvedimenti degli amministratori locali, registrare o addirittura alimentare le polemiche della politica e del bar e talvolta elevare a dignità di notizia anche qualche pettegolezzo di paese? Bastano questi ingredienti a “fidelizzare il rapporto con il lettore” che poi significa, banalmente, giustificargli lo sforzo economico di spendere ogni giorno 1,50 euro (che talvolta diventano 2,20 in base agli allegati che escono con il quotidiano)?

Temo di no e, in effetti, le vendite de la Provincia Pavese negli ultimi tempi sono precipitate a 7mila copie giornaliere. Certo, si potrà dire che tutta l’editoria è in crisi e che la concorrenza digitale è ancora più spietata in un paese, l’Italia, che non ha mai capito l’importanza di informarsi attraverso i quotidiani, ma è anche vero che scorrendo i dati della diffusione cartacea del giornale di viale Canton Ticino (se sono corretti quelli visibili sulla relativa pagina di Wikipedia) notiamo come il picco di vendite sia stato raggiunto nel 1993 con 27.006 copie giornaliere e già questo è un dato tutt’altro che esaltante se è vero quanto, un giorno, mi confidò un agente commerciale di grande e lunga esperienza nel campo della raccolta pubblicitaria: se un quotidiano locale vende meno del 10% della popolazione residente, non in modo omogeneo su tutte le aree di diffusione e con picchi in edicola che dipendono dagli incidenti stradali in prima pagina, allora non è davvero radicato.

Non so se quell’analisi, tranchant ma anche datata, abbia un fondamento ma credo sia sbagliato anche dare la colpa soltanto alla concorrenza che in un territorio come Pavia, senza altri quotidiani, è rappresentata prevalentemente da un’emittente televisiva, Milano Pavia Tv (che ho contribuito a fondare nel 2010 e che mi valse la critica di voler sabotare le vendite del quotidiano locale perché, come in ogni tv nazionale e locale, al mattino ne mostravamo la prima pagina durante la rassegna stampa), da una manciata di settimanali locali (con il più radicato di tutti, l’Informatore vigevanese, che ha sempre ha dato filo da torcere alla Provincia nell’hinterland ducale) e qualche sito internet o blog.

No, credo che il problema che negli ultimi anni ha progressivamente indebolito il nostro quotidiano sia un altro e, forse, bisognerebbe partire proprio da quella domanda che ponevo qualche paragrafo più su: quale ruolo dovrebbe avere il quotidiano della Provincia di Pavia nel territorio che ha il compito di raccontare?

La mia idea è in fondo coerente con quello che, mutatis mutandis, ho cercato di realizzare ogni volta che ho avuto la fortuna di assumere la direzione di una testata, locale o nazionale: prima di tutto non limitarsi a dare le notizie, come ormai fanno tutti, ma cercare di approfondirle e spiegarle in modo semplice e asettico, così da rendere il cittadino lettore consapevole e in grado di farsi una propria opinione ma, soprattutto, di fidarsi della fonte. Poi però siccome un giornale locale deve essere anche un punto di riferimento del proprio territorio, un po’ guardiano e un po’ pungolo, credo che per porsi credibilmente al servizio dei suoi lettori e dell’area geografica di riferimento, la “nuova” Provincia Pavese dovrebbe essere “davvero” autorevole – e quindi non solo di riflesso per la storia secolare e il monopolio che l’ha sempre sorretta – così da rappresentare un reale punto di riferimento per tutti: una sorta di campanile laico attorno al quale sviluppare il senso di comunità, un osservatorio privilegiato in grado certo di raccontare in modo critico ma non fazioso quanto accade giorno per giorno ma capace, al contempo, di imporre pure i temi di dibattito e di confronto, lanciare sfide e suggerire opportunità, ponendosi infine al servizio delle istituzioni e delle grandi realtà territoriali senza esserne schiavo o succube perché capace, al momento giusto e senza pregiudizi, anche di contestare fermamente le scelte della politica che risultassero contrarie agli interessi del territorio.

Ecco, un vero quotidiano territoriale dovrebbe essere ben più di un semplice diario dell’attualità giornaliera ma un interlocutore autorevole e rispettabile, capace di incidere davvero nell’interesse delle terre e della gente che intende rappresentare arrivando a registrarne gli umori, i timori, i problemi e le aspettative innervandosi davvero con i propri redattori e i propri corrispondenti nel tessuto sociale che li ospita.

Non conosco Alberto Leonardis, il nuovo editore che a breve rileverà la “nostra” Provincia Pavese, ma spero che prima ancora di mettere mano all’organizzazione del lavoro e agli organici abbia iniziato a riflettere sulla missione che un giornale così storico deve avere e merita di essere.

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