Sin dai tempi della scuola elementare, ci hanno insegnato a riconoscere Firenze come una delle più belle città del mondo. Una città intrisa d’arte e cultura, tra le mete più ricercate dai turisti provenienti da ogni parte del globo, pronti ad immergersi in uno scrigno colmo di inestimabili tesori creati dai più grandi artisti di tutti i tempi.
Ma come ogni scrigno che si rispetti, nel quale al suo interno vi sono scomparti invisibili ai più per celare segreti, anche Firenze ha il suo lato misterioso, che, se da una parte non è del tutto segreto di contro dall’altra non è a tutti accessibile. Un lato misterioso che, alimentato da leggende, storie, accadimenti e testimonianze, comunque, è legato indissolubilmente alla storia di Firenze e ai suoi personaggi, che di quella storia ne sono stati i protagonisti. Personaggi che hanno lasciato tracce indelebili del loro passaggio nel tessuto fiorentino, vuoi per il loro incidere con l’arte, la politica e la religione, vuoi per lo studio e la pratica di scienze e filosofie particolari come l’esoterismo.
Proprio con l’esoterismo, attraverso l’adozione e l’utilizzo di simboli, metafore, allegorie, correlazioni è possibile trasmettere conoscenze e informazioni criptandole all’interno di qualsivoglia forma, testo, struttura o simbolo. Quadri, bassorilievi, statue e oggetti di ogni tipo possono tutti trasformarsi all’esame di un occhio esperto e celare nelle loro forme una conoscenza segreta, un messaggio «esoterico», nel suo vero significato nascosto. Basandosi su questi principi le correnti che nei secoli si avvicendarono nel nostro paese, in Toscana e nella nostra Firenze, impararono a non rendere manifesti e visibili le proprie inclinazioni e i propri ideali per celarsi nelle straordinarie creazioni della cultura e dell’arte. La stessa famiglia dei Medici fu, attraverso molti dei suoi illustri rappresentanti, una vera e propria fucina di ideali e produzioni esoteriche. Non a caso, il Rinascimento fiorentino sarà profondamente segnato da figure come Marsilio Ficino o Pico della Mirandola che, attraverso i loro interessi cabalistici ed ermetici, donarono al mondo alcune delle più belle opere mai realizzate.
Firenze non è certamente una città povera di elementi esoterici, anzi, esistono alcune sue misteriose realtà, come detto in precedenza, che sfuggono anche agli osservatori più attenti, interessata a movimenti e idee che si affermarono progressivamente in molti paesi europei. Dal neoplatonismo alle prime logge massoniche italiane, si è posta come uno spartiacque nazionale e un bilanciere europeo di quella cultura esoterica a lungo osteggiata ma sempre scampata alla furia del tempo e degli uomini.
Proprio i simboli, le metafore, le allegorie, le correlazioni massoniche, esistenti nella città di Firenze, saranno l’oggetto di questa tavola.
In considerazione del fatto che a Firenze, nel 1731, è nata la prima Loggia Massonica italiana e che tutt’oggi in città vi sono numerose logge massoniche, i simboli, le metafore, le allegorie, le correlazioni legate alla nostra istituzione sono molteplici.
Si comincia dalla toponomastica, dove spiccano numerose le vie intitolate a uomini, di differente estrazione sociale – medici, scienziati, letterati politici o semplici patrioti – vissuti peraltro in periodi differenti, che oltre avere dato il proprio contributo alla storia del nostro Paese avevano in comune l’essere liberi muratori, e insieme a Giuseppe Garibaldi, Gabriele D’Annunzio, Edmondo De Amicis, Giosuè Carducci, Carlo Goldoni e altri ancora che non hanno bisogno di presentazione, troviamo Antonio Cocchi (primo massone italiano), Giuseppe Dolfi – patriota, Giovanni Becciolini – politico ucciso dai fascisti, Lando Conti – già sindaco di Firenze quando venne ucciso dalla brigate rosse. Tutti i Liberi Muratori presenti nella toponomastica fiorentina meriterebbero di essere citati, ma le cose di cui parlare sono molte e lo spazio a nostra disposizione è limitato.
A Firenze si trovano delle vere e proprie Logge “en plein air” dove allegorie esoteriche di matrice massonica caratterizzano la realizzazione all’inglese di alcuni giardini realizzati tra il XVIII e il XIX secolo appartenenti a membri dell’aristocrazia massonica.
Nella nuova sistemazione ottocentesca del giardino Torrigiani è celato il disegno di un itinerario sapienzale in cui si riflette il pensiero del proprietario, il marchese Pietro Torrigiani, e del suo architetto Luigi Cambray Digny, entrambi adepti della Loggia massonica “Napoleone”, istituita a Firenze nell’anno 1807. Il percorso simbolico si snodava tra allegorie di sculture, architetture ed elementi vegetali secondo i suggerimenti di una cultura squisitamente esoterica. Indicativo è il fatto che a segnare il primitivo ingresso erano due sfingi, collocate ai lati del cancello, mentre poco oltre si ergeva una statua raffigurante Osiride, divinità della morte e della resurrezione, dove non causale il riferimento alla cultura egizia, sia perché il mito di Osiride era strettamente legato ai grandi cicli della natura, sia in quanto si riconosceva al simbolismo massonico una diretta discendenza da quello dell’antico Egitto. Nel giardino si affollavano una serie di episodi, oggi in gran parte scomparsi, quali la diroccata basilica gotica, il romitorio, il cosiddetto “bosco sacro” che nascondeva tra la sua folta vegetazione un inquietante sepolcreto neo egizio e una colossale statua di Saturno, dio del tempo e della morte, raffigurato in atto di falciare la vita degli uomini. Questi ornamenti, espressione del gusto romantico, alludono anche a un simbolismo più antico: l’opera al nero, il momento notturno della “putrefazione”, primo stadio del processo alchemico introspettivo, assimilabile nell’iniziazione massonica al Gabinetto di riflessione in cui viene introdotto il recipiendario.
Luigi Cambray Digny è anche l’artefice della nuova redazione del giardino degli Orti Oricellari, voluta dal marchese Stiozzi Ridolfi, anch’egli adepto della fiorentina “Loggia Napoleone”. Nella complessa orchestrazione del giardino si ravvisa un preciso programma ideologico come simbolico itinerario iniziatico. Il Cambray Digny riuscì con grande abilità a inserire le antiche e importanti preesistenze del giardino, come la colossale statua di Polifemo e l’integrante grotta dei venti, in un disegno fantastico e dai risvolti simbolici. Il tema del cammino iniziatico nel giardino sembra trovare conferma nell’ipogeo sotterraneo, che aveva inizio dal monumentale ingresso del Pantheon, significativamente dedicato al Sole “Divinis Oris Numini Devoti”.
Ancora motivi neoegizi di chiara impronta simbolica caratterizzano il giardino Stibbert, ristrutturato nella seconda metà del XIX secolo: Federico Stibbert, uomo colto e liberale iscritto alla fiorentina “Loggia Concordia” fin dal 1865, volle celare nel giardino della sua villa significati nascosti. Nel parco si può individuare una sorta di itinerario iniziatico scandito da vari episodi improntati a rituali ermetici: tra questi, due significative colonne s’innalzano ai lati del sentiero principale, come sottile allusione alle due colonne Jachin e Boaz del tempio massonico. A conclusione del percorso nella parte bassa del parco si eleva, proteso sulle acque di un lago artificiale, un inquietante tempietto dalle forme neoegizie. Il tempio vuole rappresentare la meta del Pellegrino che, come nella simbologia massonica, procede attraverso le acque, dove l’acqua è simbolo di purificazione. Una teoria di sfingi vigila sulla fabbrica, dalla sacralità antica, perfettamente allineate lungo l’asse ovest-est, con l’accesso da via terra situato a Occidente in modo che chi vi entri abbia davanti a sé il luogo ove sorge il Sole. Nell’interno decorazioni pittoriche di stile neogizio e il soffitto decorato come una volta stellata rimandano ancora una volta alla simbologia del tempio massonico.
Continuando il nostro viaggio per Firenze, oltre ai giardini, molti riferimenti massonici li possiamo trovare nel cimitero degli Inglesi e nel cimitero monumentale ebraico. Seppur difficile da provare, sembra che anche la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dallo stile eclettico e grandioso, sia costellata di simboli massonici. A ben vedere, se questi ci sono risultano ben celati, ad eccezione dei due tempietti posti nella sommità della facciata principale dove vi sono le statue di Dante e Galilei. Sicuramente di massonico c’è chi l’ha progettata: l’architetto Cesare Bazzani.
Altri importanti riferimenti massonici li troviamo in S. Croce su due monumenti funebri.
Su quello di Giovanni Lami[1] vi è una dichiarazione programmatica della sua professione di fede con il bassorilievo in bronzo raffigurante un oruroboros che racchiude un triangolo equilatero raggiante al cui centro campeggia un occhio, simbolo del Grande Architetto dell’Universo.
L’altro è quello che corona la tomba del massone drammaturgo Giovan Battista Niccolini[2], una possente statua raffigurante la Libertà della Poesia. Ad un’attenta osservazione, questa statua richiama un famosissimo monumento, la statua della Libertà di New York. Una sorprendente somiglianza, tanto da far
pensare che l’autore della statua della Libertà della Poesia (anche il nome è simile) si sia ispirato (abbia copiato) la Statua della Libertà, se non fosse che la Libertà fiorentina sia precedente a quella statunitense. Incredibile, ma vero.
Pochissimi fiorentini sanno o si sono accorti che in Piazza Repubblica a Firenze, nel cuore della città, nel “salotto buono” esiste un “Corridoio Massonico” talmente evidente da passare inosservato ma ben descritto da David Rigacci su il Nuovo Corriere Fiorentino del 10/06/2011:
“Sulla pavimentazione infatti, quelle che a prima vista appaiono come decorazioni geometriche, in realtà ad una più attenta osservazione risultano inequivocabilmente, anche se stilizzati, i simboli massonici per eccellenza: la squadra ed il compasso. Una sorta di “corridoio massonico” che inizia all’ingresso dei portici di via dei Pecori, e li percorre fino al Chiosco degli Sportivi, dove improvvisamente cedono il passo ad un diverso intarsio marmoreo. Il corridoio è ripartito in tre segmenti ognuno dei quali composto di tre sezioni caratterizzate dalla ripetitività del tema principale rappresentato dalla squadra e il compasso. Quasi tutte le nove sezioni sono composte da due figure: una squadra e un compasso in grado di Apprendista ed una in grado di Maestro, chiude una figura geometrica che rappresenta due triangoli compenetranti dove il vertice dell’uno tocca il punto medio della base dell’altro triangolo, formando sei triangoli equilateri. Ora se i simboli massonici sono tre, Apprendista, Compagno e Maestro, perché il simbolo del secondo grado non appare mai? Forse per lasciare spazio al dubbio?
Non appare mai forse perché questo è un “Corridoio Iniziatico”, dove il messaggio è mascherato, ma davanti all’ex Gambrinus l’arcano viene svelato. Qui, e solo qui, appaiono tutti e tre i simboli dei gradi massonici. La chiave che lo rivela è il simbolo che non appare mai, quello in grado di Compagno, posto in mezzo agli altri due, discretamente dissimulato all’occhio profano ma chiarissimo ai “Figli della Vedova”. Una simbologia che parla un linguaggio universale e rivela che qui niente è lasciato al caso, il tutto è frutto di un disegno ben preciso ed armonico, tutto ruota intorno al tre il numero massonico per eccellenza”.
Dalle notizie che siamo riusciti a raccogliere, questa non era la pavimentazione originale dei portici di Piazza della Repubblica, ma pare che sia stata rifatta nella prima metà del novecento e pur non conoscendo il nome di chi ha disegnato l’attuale pavimentazione, possiamo certamente dire che si tratta di un Libero Muratore.
Infine una curiosità, di cui non abbiamo alcun elemento o riferimento per collegarla alla massoneria, ma è talmente verosimile che ci piace menzionarla in questo contesto. In Piazza del Giglio, vicino Via del Corso, vi è quasi un piccolo museo con numerose targhe commemorative e pannelli bronzei. Tra i pannelli in bronzo ne spicca uno, di generose dimensioni, che rappresenta uomini e donne stilizzate con la scritta: SIAMO UOMINI LIBERI.
[1] Nacque a Santa Croce sull’Arno, oggi in provincia di Pisa e sempre a Pisa si laureò in legge nel 1719. A Firenze proseguì i suoi studi in filosofia e greco. Dal 1727 a 1728 lavorò a Genova come bibliotecario nella biblioteca Pallavicini per poi trasferirsi a Vienna e a Parigi. Dopo l’esperienza parigina fece tutta una serie di viaggi che lo portarono anche nei Paesi Bassi e in Svizzera.
Nel 1732 fece ritorno a Firenze e divenne il direttore della Biblioteca Riccardiana. Nel 1733 venne nominato professore di Storia Ecclesiastica presso l’università di Firenze. In seguito divenne anche il teologo consulente del Granduca Francesco Stefano.
Fu tra i fondatori della rivista «Novelle letterarie», un settimanale di lettere e scienze pubblicato a Firenze dal 1740 al 1792. Dalla fondazione fino al 1769 fu il redattore unico del giornale.
Morì a Firenze nel 1770 e venne sepolto nella chiesa di Santa Croce.
[2] Giovan Battista Niccolini muore a Firenze il 20 settembre del 1861 e viene sepolto nella Basilica di Santa Croce, il Pantheon dell’ingegno italiano. In vista del decennale della scomparsa di Niccolini, il comitato delle celebrazioni decise di dedicare al letterato pisano un solenne monumento funebre e fu incaricato dell’opera il viterbese Pio Fedi (1816-1892), da anni presente a Firenze dove si era diplomato all’Accademia delle Belle Arti. Di Fedi a Firenze sono famose altre due opere: il Ratto di Polissena nella Loggia dei Lanzi (1866) e la statua al generale Manfredo Fanti in Piazza San Marco. Nel 1870 Fedi inizia a progettare la statua, nel 1871 completa un bozzetto in gesso, mentre la statua sarà conclusa invece nel 1877, ma rimarrà nello studio dell’artista, in via dei Serragli al numero 99, fino al 1883, quando il 20 settembre fu finalmente inaugurata in Santa Croce.
Invece, la Statua della Libertà di New York è opera del francese Frederic Auguste Bartholdi (1834-1904) e fu inaugurata il 28 ottobre del 1886, quindi successivamente a quella di Fedi. Nel 1869 Bartholdi è in Egitto per esaminare la proposta di una statua-faro sul Canale di Suez, ma il progetto non si realizza e quindi l’artista francese rientra in Europa e combatte a fianco di Giuseppe Garibaldi nel gruppo dei “franchi tiratori”, nella guerra franco-prussiana (1870-71). Nel 1871 parte per gli Stati Uniti, dove, secondo la sua biografia, realizza il modello in bronzo della Miss Liberty alto 2,87 metri che nel 1906 sarà esposto a Parigi nel Jardin du Luxembourg e nel 2009 trasferito al Jardin du Acclimatation, modello in bronzo che farà da bozzetto per l’imponente Statua della Libertà donata dalla Repubblica Francese agli Stati Uniti. A rendere tutto ancor più affascinante, il fatto che l’architetto Eugene Viollet le Duc (1814-1879), maestro di Bartholdi ed egli stesso coinvolto nella costruzione della Statua della Libertà per quanto riguarda lo scheletro in ferro, amava Firenze, città che aveva più volte visitato. Viollet Le Duc morì poco dopo l’inizio dei lavori della Statua e fu sostituito da Gustave Alexander Eiffel. Quindi Fedi e Bartholdi si incontrarono mai nella loro vita, influenzandosi reciprocamente nella loro arte, oppure la somiglianza delle loro opere è semplicemente un caso? Dato che niente al caso, è certo che nei primi anni Settanta, prima di partire per gli Stati Uniti, Bartholdi soggiornò a lungo a Firenze. Non c’è alcuna testimonianza che il francese vide Fedi ed il bozzetto della Statua della Libertà della Poesia, comunque i due, che erano entrambi massoni, sicuramente frequentarono gli stessi ambienti delle logge massoniche a Firenze.
Niente di certo quindi, ma solo affascinanti ipotesi. Non ci rimane quindi che guardare la realtà, cioè le due statue, e quindi le loro somiglianze: tutte e due spezzano una catena, quella di Fedi tiene in mano una catena spezzata, mentre quella di Bertholdi la spezza con un piede, la mano sinistra della statua in Santa Croce stringe l’alloro, simbolo della poesia (omaggio a Niccolini) mentre la mano sinistra di Miss Liberty stringe la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America (con la mano destra la famosa fiaccola), la testa della Libertà di Fedi è circondata da otto raggi, uno in più rispetto a quella di Bartholdi (sette punte, simbolo della libertà che si irradia verso i sette mari, non a caso la Statua della Libertà è posta all’ingresso del porto di New York).
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Bibliografia essenziale:
- “Architettura & Massoneria” di Marcello Fagiolo – Cangemi Editore
- “Firenze Esoterismo e Mistero” di Enrico Baccarini – Ed. Olimpia.
- “I Massoni per le vie di Firenze” di Moreno Milinghetti – Betti Editore
- “Le vecchie strade e le piazze raccontano la storia di Firenze” di Rodolfo Malquori – Ediz. Polistampa
Paolino Messa